Il settore della ristorazione collettiva chiede interventi immediati al Governo per affrontare l’aumento dei costi

     

    Con una conferenza stampa presso la Camera dei Deputati, lo scorso 14 novembre il settore della ristorazione collettiva in Italia ha denunciato la crisi che sta coinvolgendo molte aziende e cooperative del comparto, a causa dell’aumento dei costi dell’energia e degli alimenti.

    La situazione, non più sostenibile, soprattutto dopo i sacrifici e le difficoltà affrontate recentemente con la pandemia, rischia di minare la sopravvivenza di molte realtà, che non potranno più garantire un servizio essenziale, come quello del pasto a scuola, in ospedale o in azienda. Per questo Agci Servizi, ANIR Confindustria, Confcooperative Lavoro e Servizi, Legacoop Produzione e Servizi hanno promosso la conferenza e una mobilitazione, cui hanno aderito la maggior parte delle sigle datoriali del settore, per chiedere al Governo interventi immediati per la ristorazione collettiva. 

    Per capire cosa sta succedendo e quali sono le prospettive, abbiamo intervistato Andrea Laguardia, Direttore di Legacoop Produzione e Servizi.

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    La mobilitazione ha visto una partecipazione unita e solidale di aziende e cooperative italiane del settore, accomunate dalle crescenti preoccupazioni per lo stato attuale della ristorazione collettiva messo in difficoltà dall’aumento del costo di gas, elettricità e materie prime alimentari, come denunciato anche dall’Osservatorio Ristorazione Collettiva e Nutrizione (ORICON).

    Dott. Laguardia, l’Alleanza delle Cooperative Italiane Servizi, di cui Legacoop Produzione e Servizi fa parte, ha indetto una conferenza stampa presso la Camera dei Deputati: ci racconta come mai?

    A. L.: “La conferenza stampa è stata indetta, insieme ad Anir-Confidustria, nel primo giorno utile dalla nascita del Governo Meloni, per segnalare al massimo l’urgenza dei provvedimenti necessari per evitare il collasso del settore della ristorazione collettiva.
    Quindi non per criticare l’azione dell’attuale Governo, che ha da poco iniziato il suo lavoro, ma per denunciare una situazione di mancato ascolto nei confronti di un settore su cui ricade tutti i giorni la responsabilità di nutrire in modo sano e corretto studenti, pazienti degli ospedali e lavoratori. Questo sta offendendo migliaia di lavoratrici e lavoratori che ogni giorno prestano la loro opera in un servizio essenziale che ha un forte valore sociale: grazie alle mense scolastiche, ad esempio, è possibile realizzare il tempo prolungato a scuole che permette alle famiglie (in particolare alle donne) di lavorare. Avere cura dei pasti da fornire a chi è in ospedale, non è un servizio qualunque ma fa parte del percorso di cura.

    Il mancato ascolto da parte delle Istituzioni è iniziato durante la pandemia: infatti, siamo stati l’ultimo settore a essere destinatario di un provvedimento parziale di ristoro. Oggi, inoltre, in assenza di una norma che preveda la revisione dei prezzi contrattualizzati con la PA a fronte di fenomeni non prevedibili come la crisi internazionale, si è generato un aumento incontrollato dei costi energetici e delle materie prime con cui si cucinano i piatti che ogni giorno le imprese e le cooperative servono nelle mense scolastiche e negli ospedali e non solo”.

    chiusura ristorazione collettiva

    aerogondo2/shutterstock.com

    Dopo la crisi e gli sforzi che la ristorazione collettiva in Italia ha dovuto affrontare nei due anni più duri della pandemia, il settore è nuovamente colpito da un serie di congiunture che ne minano la sostenibilità: che scenario ci aspetta, ad esempio, nelle scuole e negli ospedali, se imprese e cooperative dovessero chiudere? 

    A. L.: “È uno scenario possibile, ma faremo di tutto perché non si verifichi. Il nostro sistema d’imprese è consapevole dell’importanza del ruolo che svolge nella società attraverso l’erogazione di servizi essenziali come quelli della ristorazione. Oggi i pasti non sono un servizio marginale, ma sono integrati al percorso formativo ed educativo degli studenti, mentre i pasti negli ospedali sono parte integrante del percorso di cura. Fermare la ristorazione collettiva significherebbe anche fermare il tempo pieno con le conseguenze relative all’organizzazione familiare. Negli ospedali, come nelle case di riposo, non credo sia nemmeno immaginabile. Tutto questo ci rende ancora di più responsabili e siamo certi che a breve la politica dovrà porre il giusto ascolto al settore, per evitare questi scenari”.

    Alla luce di questo contesto, cosa avete chiesto e quali risposte avete avuto dalle Istituzioni per fronteggiare la crisi?

    A.L.: “La questione centrale è complicata dal punto di vista tecnico, ma semplice nella sua essenza. I costi delle materie prime per realizzare i pasti hanno avuto un aumento spropositato e imprevedibile, le stazioni appaltanti in assenza di una norma che lo preveda non possono riconoscere questi aumenti e quindi le imprese del settore sono costrette a lavorare in perdita.

    Serve un intervento a carattere emergenziale che sani questo vuoto legislativo attraverso una norma che introduca la revisione prezzi per gli appalti dei servizi, così come avviene nel settore dei lavori pubblici. Proposta che abbiamo formalizzato con una proposta di emendamento all’ultimo DL Aiuti, cosa che faremo anche con la Legge di Bilancio”.

    Un intervento immediato è necessario anche perché, lo abbiamo evidenziato spesso sulle pagine del Giornale del Cibo, il settore della ristorazione collettiva non è essenziale solo per i servizi che offre e per i particolari utenti ai quali si rivolge, ma è anche un comparto importante dell’economia italiana. Quali sono i numeri del settore e il rischio, a livello economico e di occupazione, che l’Italia sta correndo se non dovessero arrivare risposte efficaci e rapide al vostro appello? 

    A.L.: “Nel settore della ristorazione collettiva lavorano 96.000 addetti, per l’80% donne, e di questi 39 mila lavorano nelle mense scolastiche, per un fatturato di circa 6,5 Mld di Euro, escluso l’indotto.

    La maggior parte delle imprese, come nel caso delle cooperative, sono aziende italiane radicate nei territori. Il rischio è di provocare un collasso di questo settore se non si riconosce, come avvenuto per altri settori, la possibilità di equilibrare i prezzi ai costi di materie prime ed energia”.

    Oltre all’aumento dei prezzi delle materie prime e al caro energia, a pesare sulle imprese della ristorazione collettiva sono anche le cosiddette “gare al massimo ribasso”. Tuttavia, le aste a doppio ribasso sono state vietate in Italia per quanto riguarda la GDO dal Decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri il 4 novembre 2021: come mai nei contratti con la PA questo ancora non avviene?

    A.L.: “Il massimo ribasso è stato abolito anche dall’attuale Codice degli Appalti per gli appalti della ristorazione collettiva a favore delle gare che dovrebbero premiare la qualità, ma nella realtà spesso questo non accade perché viene utilizzata una formula matematica che premia lo sconto. Inoltre in molte occasioni viene chiesto alle imprese di competere attraverso dei formulari predefiniti che non permettono loro di esprimere al meglio le proprie capacità imprenditoriali. Esistono però degli esempi molto virtuosi, cioè le gare a prezzo fisso e quindi valutate al 100% sulla qualità. Le ultime gare della ristorazione scolastica di Roma e Firenze bandite con questo metodo, ad esempio, hanno portato a un aumento della qualità del servizio reso e hanno permesso una selezione del mercato che ha visto premiare le imprese più importanti e ha visto escludere quelle che attraverso il massimo ribasso impoveriscono la qualità dei piatti e del lavoro”.

    Come evitare lo stop ai servizi essenziali per scuole e strutture sanitarie?

    Sul fronte degli attuali rincari e della crisi del settore, si attendono, quindi, le risposte del Governo: in seguito alla conferenza stampa, le realtà promotrici dell’iniziativa hanno diramato un comunicato in cui vengono specificati gli interventi emergenziali richiesti da imprese e cooperative della ristorazione collettiva italiana, per scongiurare il collasso di un comparto così prezioso. In particolare:

    • urgente intervento normativo nell’ambito dei prossimi Decreti di aiuti o di emergenza per introdurre a carattere emergenziale la possibilità di rimodulazione e rinegoziazione dei contratti in essere con la PA e l’introduzione dell’obbligo della revisione dei prezzi sulla base di indici ufficiali sulla variazione dei costi delle materie prime;
    • riutilizzo delle rimanenze non assegnate del fondo di sostegno alla ristorazione collettiva anche per le perdite di bilancio dell’anno 2021;
    • revisione dell’attuale applicazione dei CAM nella ristorazione collettiva, alla luce dell’entrata in vigore della nuova legge su km 0 e di filiera corta.

    In attesa di sviluppi e di risposte concrete, che ci auguriamo possano arrivare presto, le associazioni del settore hanno annunciato che avvieranno una straordinaria mobilitazione nazionale, coinvolgendo lavoratori e utenti. 

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