Perché la pasta fa bene? Secondo la scienza ci rende felici

     

    È possibile dimostrare che mangiare la pasta ci rende felici? Ebbene sì, secondo lo studio realizzato dal Behavioral and Brain Lab dell’Università IULM di Milano che mette in relazione le emozioni che si provano mentre si mangia un piatto di spaghetti al pomodoro con ciò che ci rende felici, e osserva cosa che accade nel cervello. Il risultato conferma che l’assaggio della pasta ha un impatto sulla sfera emotiva pari a quello di un ricordo felice, all’ascolto della propria canzone preferita oppure a una vittoria sportiva. 

    Per conoscere i dettagli di questo studio neuroscientifico che mette in relazione cervello e cibo abbiamo intervistato il professor Vincenzo Russo, docente di Psicologia di Consumi e Neuromarketing dello IULM e coordinatore del laboratorio di ricerca.

    A cosa fa bene la pasta? Lo studio condotto dal laboratorio dello IULM

    Lo studio realizzato dal Behaviour and Brain Lab dell’Università IULM di Milano ha indagato la sfera della memoria emotivo-gratificatoria nel cervello quando assaporiamo il nostro piatto di pasta preferito. Il professor Russo ci racconta: “lavoriamo con il cibo da tanti anni per comprendere l’effetto che un’emozione positiva provoca sull’esperienza. Ci siamo occupati, ad esempio, di come il suono del tappo di sughero migliori la percezione del vino, oppure dell’influenza di fattori ambientali sull’assaggio di varie tipologie di cibi. Osserviamo come migliorare l’esperienza gustativa modificando elementi che non c’entrano con il sapore del piatto in sé.”

    Nel 2022 il team di ricercatori ha deciso di indagare scientificamente la maniera in cui il cervello reagisce durante l’assaggio di un piatto di pasta. L’indagine ha coinvolto 40 persone, 20 uomini e altrettante donne tra i 25 e i 55 anni, semplici consumatori che sono stati sottoposti a una serie di stimoli indossando un caschetto con 52 elettrodi per misurare le reazioni emotive ancora prima che venissero descritte a parole.

    “Utilizzando questi strumenti sofisticati misuriamo una moltitudine di elementi tra cui, ad esempio, il battito cardiaco o la sudorazione delle mani. Riusciamo a capire se, di fronte a uno stimolo, una persona vive un’emozione positiva oppure negativa, ad alta o bassa intensità. Inoltre possiamo raccogliere dati preziosi a proposito di processi cognitivi e di memorizzazione che derivano da un dato stimolo.”

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    In particolare, si è scelto di ricorrere a quattro strumenti di analisi: 

    1. neuroanalisi che include gli stati di attivazione emotivo-cognitiva durante l’assaggio;
    2. bioanalisi, ovvero l’osservazione del battito cardiaco e della microsudorazione, elementi che consentono di analizzare il livello di attivazione fisiologica ed emozionale;
    3. face reader, quindi l’analisi delle microespressioni del volto di fronte a uno stimolo;
    4. un questionario per elaborare la dimensione razionale dell’esperienza per i partecipanti.

    “Valori più alti di questi indicatori” precisa il docente, “segnalano un maggiore stato di attivazione emotiva e un potenziale coinvolgimento.”

    Pasta sì, ma quale?

    Oltre alla definizione degli strumenti da utilizzare per misurare quanto ci piace mangiare la pasta, era importante definire quali fossero gli stimoli da presentare alle persone coinvolte nell’esperimento. “Analizzando i dati commerciali, abbiamo optato per le penne preparate da uno chef in quattro maniere standardizzate, in maniera tale che tutti i partecipanti mangiassero dei piatti di pasta simili” specifica il professor Russo.

    Quattro le tipologie di preparazioni proposte: la pasta all’olio come preparazione “base”, al ragù, al pesto e con pomodoro e basilico. Dato, però, che ciascuno di noi ha anche delle preferenze di gusto, è stato chiesto a ciascuno di indicare la pasta più gradita tra quelle proposte prima di iniziare l’esperimento. 

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    Come si è svolto lo studio?

    “Per capire l’effettiva reazione delle persone durante l’assaggio della pasta” aggiunge il professore di Neuromarketing, “abbiamo individuato dei benchmark, ovvero altri stimoli che sappiamo produrre una reazione neurologica ed emotiva positiva, relativi a tre ambiti distinti: musica, sport e ricordo.” Ogni partecipante, quindi, è stato sottoposto a stimoli diversi:

    • quattro assaggi di pasta (di cui uno è indicato come quello preferito dal partecipante);
    • tre canzoni (una dei Blur e una di Sia che è stato dimostrato che trasmettono allegria e infondono buonumore, e una canzone felice indicata dal partecipante diversa per ciascuno);
    • tre momenti sportivi di grande emozione e felicità (calcio, nuoto e tennis);
    • un momento felice personale (ogni partecipante ha pensato per 15 secondi a qualcosa che lo rende particolarmente felice).

    A conclusione delle rilevazioni, l’attività fisiologica, emotiva e cognitiva del pensiero felice è stata confrontata con gli stimoli delle categorie pasta, canzoni e sport per misurare come i partecipanti abbiano reagito.

    La pasta ci rende sempre felici, più di musica e sport

    “La pasta preferita è ciò che provoca un’emozione più forte e persistente nelle persone, e indice anche su altre variabili con la memoria e i processi cognitivi” spiega il professor Russo, che aggiunge: “nonostante le persone dichiarassero che la musica era lo stimolo che li rendeva più felici, i dati neuroscientifici le hanno smentite e ci dicono che la pasta prevale.”

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    L’analisi delle informazioni raccolte ci permette di scoprire anche un’altra curiosità. Se per musica il distacco tra lo stimolo preferito e non preferito è evidente, per la pasta la differenza è pressoché inesistente. Di fatto, il solo assaggio del piatto di penne evoca memorie del proprio vissuto a prescindere dalla ricetta. 

    I risultati confermano quindi che la pasta è in grado di favorire uno stato emotivo positivo, paragonabile all’esperienza vissuta durante la rievocazione di un proprio ricordo felice. “Siamo riusciti quindi a misurare in maniera scientifica, ottenendo dati interessanti, quello che nella cultura popolare è da sempre un fatto: basti pensare ai piatti di pasta iconici del cinema o della pubblicità” conclude il professor Russo. “È anche un’ulteriore dimostrazione di quanto potente è il nostro cervello nel modulare l’esperienza gustativa nel momento in cui assaggia qualcosa che gli piace.”

    La pasta, quindi, vince sempre: in cucina, nel cuore e nel cervello. Del resto, non è un caso che una delle immagini più iconiche e rappresentative dell’italianità nel mondo sia Alberto Sordi nella celebre scena del film Un americano a Roma mentre aggredisce un piatto di spaghetti al grido di: “Maccherone, mi hai provocato e io ti distruggo, adesso maccherone, io me te magno!”


    Immagine in evidenza di: Prostock-studio/shutterstock.com

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