Le due anime di Cavazza: tra Gambellara e Colli Berici. Ma sempre legati alla terra
«Mio bisnonno è arrivato a Gambellara con un cavallo, un carretto, la moglie e quattro figli: era il 1928». La terra, le origini semplici e la storia: Stefano Cavazza ci tiene a raccontare le origini dell’azienda di famiglia, la Cavazza, che pian piano è riuscita a svilupparsi fino ad arrivare ai giorni nostri, dopo quasi cento anni, puntando con decisione sul vino di qualità.
«Quello era un carro carico di speranza» racconta ancora Stefano, quarta generazione dei Cavazza, ricordando come ai tempi si viveva di agricoltura e il vino era principalmente un alimento. Superando anche gli anni difficili della Seconda Guerra Mondiale e diverse vicende. «Ora è tutta un’altra storia».
[[ima2]]Ma questo legame con la terra è vivo e ben presente nei vini della famiglia Cavazza, azienda che ora conta di circa 145 ettari di proprietà, di cui un’ottantina vitati e i rimanenti ad altre coltivazioni. «Qui abbiamo sempre coltivato vitigni a bacca bianca, e in particolare la Garganega. Solo a partire dal 1987, con l’acquisto della Tenuta Cicogna sui Colli Berici, abbiamo avviato una produzione di Cabernet, Merlot, Syrah e Tai Rosso».
È stata la terza generazione della famiglia Cavazza a puntare sul vino, mentre ora è la quarta che sta sviluppando i nuovi progetti e guarda al futuro con bottiglie che siano rappresentative del territorio ma ugualmente al passo con i tempi e con l’evoluzione dei consumatori. Sono quattro cugini a portare avanti l’azienda: Elisa Cavazza, responsabile mercato estero, Stefano Cavazza, responsabile mercato Italia, Andrea Cavazza, responsabile amministrativo, e Mattia Cavazza, che cura l’area enologica.
[[ima3]]Proprio Mattia ha voluto raccontare alcuni vini presentati durante un pranzo alla Trattoria del Nuovo Macello di Milano, partendo da un Durello molto piacevole, realizzato con Metodo Italiano, dove si percepisce da subito l’origine vulcanica dei terreni dei colli della Lessinia.
Un prodotto chiave per capire la produzione aziendale è il Bocara 2022, della linea Identità: «Noi siamo legati alla Garganega – racconta Mattia Cavazza – è forse il vino che meglio ci rappresenta. Così riusciamo a valorizzare la zona, che è totalmente vulcanica». E così questo Gambellara Classico Doc, Garganega in purezza, si esprime con un naso molto intenso, piacevole, tra frutta a polpa bianca e erbe aromatiche, e che poi al sorso si connota soprattutto per la sapidità e la bevibilità, con una persistenza particolarmente lunga.
[[ima4]]Il Corallo 2020 è invece rappresentativo dell’altra faccia della medaglia, quella dei Colli Berici. Tai Rosso in purezza, con un leggero passaggio in botte, si esprime in freschezza e ampiezza, risultando piuttosto immediato e godibile fin da subito, senza mai essere pesante.
Il Merlot Cicogna 2018 ci fa passare nell’area dei prodotti volutamente più strutturati: vino importante, ottimo in abbinamento (nel nostro caso con la classica cotoletta alla milanese), forse un po’ meno fino ma sicuramente molto complesso.
[[ima5]]A conclusione di questo piccolo percorso di degustazione, la chicca è il Recioto di Gambellara Capitel 2020: un vino straordinario per la facilità di beva, nonostante un importante residuo zuccherino. Ma qui entrano in gioco i terreni e la qualità della materia prima, con una freschezza davvero notevole.
Vini da raccontare. Ma soprattutto una famiglia, da raccontare. Anche per questo, negli ultimi mesi, è stato fatto un importante rebranding, come spiega Stefano Cavazza, «per dare una nuova immagine all’azienda. Si tratta di un progetto ambizioso, realizzato insieme a Marco Corona dell’agenzia Ey Studio, che ha portato anche alla realizzazione di un brand book, dove vogliamo fare capire come viene realizzato il nostro vino, con contemporaneità e rispetto delle origini».