Quando la natura invade la città: il fascino nascosto delle vigne urbane

Vigna urbana con vista su Torino

Immagina una vigna, con i suoi filari ordinati, l’odore della terra e il fascino di un lavoro che segue i ritmi delle stagioni. Ora spostala nel cuore di una città, tra palazzi, strade, autobus e vite in corsa. Sembra un ossimoro, ma è una realtà sempre più concreta: stiamo parlando delle vigne urbane, piccoli angoli verdi che interrompono la continuità del cemento e regalano una nuova prospettiva al tessuto urbano. Non solo: sono un’occasione unica per fare un’esperienza agricola in centro città. Da qualche anno, dietro questo fenomeno c’è anche un’associazione, l’Urban Vineyards Association (U.V.A.), che ha deciso di riunire e valorizzare queste realtà uniche in una rete internazionale che si fa forza a vicenda. L’obiettivo è quindi quello di promuovere e sostenere un patrimonio unico e non ancora così conosciuto in tutto il mondo, e renderle a disposizione delle comunità locali.

A raccontarci tutto è Nicola Purrello, Presidente dell’associazione, che ci svela il mondo che si cela dietro questi vigneti incastonati tra le città.

Credits @Urban Vineyards Association

Che cosa sono le vigne urbane?

Prima di parlarvi dell’associazione, facciamo un passo indietro. Cosa si intende esattamente per “vigne urbane”? Sono più di un semplice appezzamento di terra coltivato a vite, come ci spiega Purrello: “Sono spazi verdi all’interno dei confini urbani che spezzano la continuità del tessuto cittadino e impediscono che questi terreni vengano edificati. Offrono una diversificazione del territorio e, in alcuni casi, rappresentano veri e propri presidi naturalistici.”

Il Presidente spiega che l’U.V.A. ha anche fornito una definizione più precisa di cosa intendono per “vigneti urbani”, fornendo quindi dei criteri per stabilire in quali città si possono trovare le vigne che poi rientrano nell’associazione. In particolare, si intendono vigne presenti all’interno di grandi città, dove questo fenomeno è ancora più raro e unico, perché in quelle aree i terreni hanno maggior valore, a causa dell’alto tasso di cementificazione. “Un fazzoletto di terra coltivato a vigneto a Milano, piuttosto che a Parigi, richiede un maggior sacrificio economico” spiega il Presidente. “Dunque, per noi il vigneto deve trovarsi in una città con un rango almeno di capitale provinciale, con almeno 50.000 abitanti e deve trovarsi all’interno dell’area urbana” continua. “Non è necessario che sia produttiva: ci sono vigne che conservano biodiversità uniche, come quella di Palermo, dove ogni pianta rappresenta una varietà autoctona siciliana.”

La nascita dell’U.V.A., una storia di amore e bellezza

La storia dell’Urban Vineyards Association inizia a Torino, nel 2019, grazie a Luca Balbiano, oggi Presidente onorario. “Luca ebbe l’opportunità di reinventare un vigneto storico presso la Villa della Regina” racconta Purrello. Un vigneto unico, dalle cui piante veniva prodotto uno dei vini più amati dalla corte sabauda, il Freisa, coltivato all’interno del parco di un’antica residenza reale, con una vista mozzafiato sul centro storico del capoluogo piemontese. “Balbiano capì subito l’unicità di quel progetto, sia per la vicinanza a un bene architettonico prezioso sia per la possibilità di produrre un vino di qualità”. Ma quello della Villa della Regina, se è vero che è un caso raro, non è l’unico: in Europa, altre città – come Londra o Parigi – portano avanti realtà come queste. “Fu allora che nacque l’idea di creare una rete che riunisse queste realtà sparse per il mondo.”

All’inizio l’associazione contava sette membri, ma oggi i numeri sono in crescita, grazie all’impegno di chi crede nel valore di questi luoghi. “Non è sempre facile”, ammette Purrello, “siamo una realtà a regime di volontariato e dobbiamo cercare le vigne che rispettano i nostri criteri. Ma ogni nuovo ingresso nella rete è una vittoria per la cultura e il territorio.”

Il “buono” che c’è dietro le vigne urbane

Le vigne urbane sono molto più che uno spazio coltivato: sono luoghi di memoria storica e modelli di sostenibilità, ma anche operazioni culturali e sociali. “Ad esempio, dal punto di vista storico, per migliaia di anni l’agricoltura di prossimità è stata il cuore delle città e il nostro modello unico di coltivazione. Un tempo non esistevano i mezzi né le tecnologie che abbiamo oggi per trasportare il cibo prodotto in campagna, per questo le aree agricole erano dentro o subito a ridosso delle città” spiega Purrello. “Oggi le vigne urbane ci ricordano che la terra può ancora avere un ruolo centrale nella vita metropolitana.”

I benefici non si fermano qui: “Proteggiamo terreni da progetti edilizi invasivi, creiamo spazi di incontro per le comunità locali e promuoviamo l’agricoltura biologica. A questo proposito: sarebbe impensabile gestire una vigna urbana in regime di agricoltura convenzionale. Faccio un esempio: a Catania, di fianco alla vigna, ci sono case ed edifici in cui giocano i bambini: come potremmo mai fare trattamenti chimici ad ampio spettro in luoghi del genere?” 

Ma non solo: la componente sociale è fondamentale per un progetto come questo. “A Salonicco, in Grecia, una vigna urbana ha trasformato un’area degradata in un luogo di socialità e condivisione. Il vino prodotto viene utilizzato per eventi benefici, coinvolgendo gli abitanti in ogni fase, dalla raccolta alla potatura.”

Non mancano le sfide, come il costo elevato di gestione e i pregiudizi sui vini urbani, spesso visti come souvenir o prodotti di bassa qualità, a causa dell’inquinamento delle città. “Stiamo lavorando per sdoganare questi miti e creare una vera e propria categoria di vini urbani” aggiunge Purrello. “Oggi, sempre più enoteche propongono scaffali verticali con proposte di etichette specifiche, ad esempio i vini provenienti dalle isole, quelli provenienti da vigneti eroici, coltivati ad alte quote, e così via. Noi vorremmo proporre quindi la categoria dei vini urbani, e stiamo lavorando su questo”.

Degustazione in un vigneto urbano ai piedi dell'Etna
Credits @Urban Vineyards Association

Da Parigi a Salonicco: il valore dei vigneti urbani in giro per l’Europa

Ogni vigna urbana ha una storia unica. Ad aderire al network di vigne urbane ce n’è una molto famosa, il Clos Montmartre di Parigi, che è diventata un vero e proprio simbolo di resistenza all’urbanizzazione, all’ombra della Basilica del Sacro Cuore. “Negli anni ’30, i parigini decisero di preservare quell’ultimo fazzoletto di terra rimasta, rendendolo non edificabile” racconta Purrello. Oggi la vigna è un punto di riferimento per il quartiere, curata con amore dagli abitanti, e produttrice di alcuni vini di ottima qualità. 

Non solo: tornando al caso di Salonicco, un vecchio parcheggio in una zona residenziale è stato trasformato in una vigna comunale. “I residenti sono insorti: grazie alla volontà della gente, si è creato un parco con all’interno il primo vigneto biologico urbano in Grecia” spiega Purrello. La vigna si è rivelata presto un luogo di ritrovo per giovani e meno giovani, studenti e insegnanti, gente del posto e stranieri. “Quel luogo, grazie alla vigna, ha completamente cambiato volto in pochi anni: gli anziani del paese hanno la possibilità di usare coltivare il proprio orto, oppure quando c’è da raccogliere l’uva o nella potatura si coinvolge la comunità locale. Ha avuto un effetto curativo nei confronti di quel luogo”. Nella affascinante e caotica metropoli di Londra, invece, ha preso vita il Forty Hall Vineyard, un esempio di come tradizione, comunità e innovazione possano convivere, situato ai margini della città. In questo luogo si producono vini biologici, con una gestione sostenibile certificata e una particolare attenzione all’ambiente, ed è anche un centro di connessione per la comunità locale, offrendo anche percorsi di eco-terapia con lo scopo di migliorare la salute mentale e fisica delle persone coinvolte. 

E poi ci sono le vigne italiane, come quella di Palermo, custode della biodiversità siciliana, o quella di Torino, dove tutto è iniziato. O ancora, quelle curate dall’associazione Laguna nel bicchiere – Le vigne ritrovate che ha lo scopo di recuperare i vigneti abbandonati della laguna di Venezia, salvaguardando una tradizione e proteggendo un paesaggio originale e quasi sconosciuto. La lista è ancora lunga, ovviamente, in quanto ogni vigneto urbano racconta una storia di resilienza, passione e amore per la terra. 

Le vigne urbane sono molto più di un’anomalia nel panorama cittadino. Sono un ponte tra passato e futuro, un modo per ricordare che la natura può convivere con la città, rendendola più umana. E tu, la prossima volta che camminerai per le vie di una metropoli, tieni gli occhi aperti: potresti scoprire un piccolo vigneto nascosto, che veglia sulla città.


Immagine in evidenza di: Urban Vineyards Association

 

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