Pistacchi: come si producono e come sta crescendo il mercato?

     

    Da alcuni anni, i pistacchi sono sempre più richiesti e apprezzati, trovando spazio in ricette dolci e salate e distinguendosi anche per le loro ottime proprietà nutrizionali. Tra quella che comunemente chiamiamo “frutta secca”, infatti, questi semi hanno permesso di sviluppare un settore molto rilevante sul piano economico. L’Italia, che si è sempre distinta in questa produzione, sta però perdendo spazi di mercato, a vantaggio della Spagna e di altri competitor extraeuropei

    Approfondiamo l’argomento, concentrandoci  sulle caratteristiche di questa particolare filiera e considerando analisi di settore e dati agronomici.

    I pistacchi piacciono sempre di più: un boom che spinge la produzione

    Non è difficile accorgersi che il pistacchio sta diventando sempre più popolare e diffuso, un vero e proprio prodotto di tendenza, ingrediente principale o di contorno in tantissime ricette. Salati, sgusciati, in granella, in creme, farciture e salse, nei prodotti da forno, ma anche sulla pasta, nei salumi e in tante produzioni industriali e artigianali: il pistacchio ha persino una giornata dedicata, il 26 febbraio. Gusto, proprietà nutrizionali – grassi insaturi, proteine, minerali e vitamine E e B – e anche una certa gradevolezza estetica, grazie al caratteristico verde brillante, hanno reso questi semi così richiesti, in Italia e nel mondo.

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    Questo vero e proprio boom della domanda sostiene un business agroalimentare di primo piano, considerando i prezzi al chilo, che spicca in un settore già fiorente. Secondo Coldiretti, infatti, nell’ultimo decennio in Italia gli acquisti di frutta secca sono raddoppiati, raggiungendo un consumo pro capite di circa 3 chilogrammi all’anno. Oggi la Cina è prima nella classifica complessiva di consumo, aumentato in pochi anni con percentuali a tre cifre.

    L’ultimo rapporto dell’Osservatorio Immagino di GS1 Italy evidenzia che nell’arco di un anno l’offerta a scaffale di pistacchi e dei prodotti alimentari che lo annoverano tra gli ingredienti è aumentata del 27%, arrivando a 512 referenze, pari a oltre 175 milioni di euro di vendite. In base all’analisi di Data Bridge Market Research, il mercato globale del pistacchio nel 2021 valeva più di 3.900 milioni, con una previsione di crescita che dovrebbe sfiorare i 5.300 milioni di dollari entro il 2029. Dal punto di vista economico e imprenditoriale, questa coltura è riconosciuta come molto redditizia, anche considerando che le piante non richiedono grandi irrigazioni e trattamenti. Sfruttando terreni agricoli poco fertili e di valore limitato, è quindi possibile ottenere un prodotto agricolo di alto valore commerciale.

    Pistacchi: coltivazione e lavorazione

    Il pistacchio (Pistacia vera, famiglia delle Anacardiaceae con diverse varietà) è un albero da frutto originario del Medio Oriente, la cui coltivazione è stata diffusa in tutta l’area mediterranea. Rustica e piuttosto adattabile, questa pianta predilige i climi soleggiati e asciutti, tollera bene la siccità, i terreni poveri di minerali e quelli più calcarei o vulcanici. Può raggiungere i 4-5 metri di altezza, con una chioma voluminosa. La fioritura avviene in aprile-maggio, dai frutti – drupe di forma ovale – si ricavano i semi, racchiusi in due valve di colore biancastro.

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    I frutti vengono raccolti dal mese di agosto e fino alla fine di settembre. Questa operazione non di rado si esegue ancora a mano, in genere con l’ausilio di teloni o reti. Le piante entrano in produzione non prima del quinto-settimo anno di età, e danno il meglio dal decimo e per i successivi 20-30 anni. Ogni albero produce mediamente 7-10 kg di semi, con punte fino a 25-30 kg. Dopo la raccolta, i frutti devono essere privati del mallo (involucro esterno) e posti ad asciugare al sole per alcuni giorni. Ancora racchiusi nel guscio, i pistacchi vengono conservati in sacchi di juta o altro materiale traspirante, in locali bui e asciutti. Una volta sgusciati, per essere conservati i semi devono essere tostati.

    Queste caratteristiche produttive, che prevedono tempi lunghi per la coltivazione, elaborate lavorazioni e impiego notevole di lavoro manuale, spiegano il prezzo dei pistacchi, mediamente superiore rispetto a quelli di altri semi.

    Dove si producono i pistacchi?

    Il valore commerciale del pistacchio ha contribuito a estendere le coltivazioni, in Paesi tradizionalmente vocati ma anche in altri di più recente introduzione. Ecco alcune delle principali produzioni nel mondo.

    I pistacchi italiani e le eccellenze siciliane

    In Italia questa produzione è immediatamente associata al Pistacchio verde di Bronte, che ha ottenuto il riconoscimento Dop nel 2009 e che fa parte dei Presidi Slow Food. L’oro verde di questo angolo di Sicilia viene prodotto nei Comuni di Bronte, Adrano e Biancavilla, alle pendici dell’Etna, su terreni vulcanici ad altitudini collinari tra i 400 e i 900 metri, da piante anche secolari. Sul piano sensoriale, i semi si distinguono per la loro mineralità, ideale per gli usi in pasticceria e gelateria, ma meno per la tostatura. Con più di 3.000 ettari di coltivazione, qui si trova quasi il 90% della produzione nazionale di pistacchi (oltre 3.400 tonnellate): si tratta di meno dell’1% della produzione mondiale, ma il pregio e il valore di mercato non ha eguali. La produzione brontese, infatti, è incentrata più sulla qualità che sui grandi numeri – per scelta, la raccolta viene realizzata solo ogni due anni – e il territorio si distingue anche per le competenze diffuse nel settore, rispetto alla selezione, trasformazione e lavorazione di materia prima anche estera.

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    Alla Sicilia si devono anche i Pistacchi di Raffadali, Dop dal 2021. Prodotti tra la province di Agrigento e Caltanissetta, su terreni calcarei caratterizzati da escursioni termiche, si distinguono per il sapore naturalmente dolce, che si sposa alla perfezione con molte preparazioni tradizionali siciliane, dolci e salate.

    Nel nostro Paese i pistacchi si coltivano anche in Puglia, Basilicata e Sardegna, per una produzione complessiva che, secondo i dati Istat, nel 2021 ha quasi raggiunto le 4.100 tonnellate. Rispetto ad altre produzioni estere, però, sul piano dei volumi l’Italia fatica a tenere il passo della domanda crescente e di questo forte trend di mercato.

    In Spagna una crescita esponenziale della produzione

    In termini di quantità, in Europa da alcuni anni sta emergendo la produzione spagnola, che, secondo gli ultimi dati dal Ministero dell’agricoltura, pesca e alimentazione sulla stagione 2021/22, con oltre 16.000 tonnellate ha fatto registrare una vera e propria impennata (+71%) rispetto alla media delle ultime cinque stagioni (+17% rispetto alla stagione precedente). Sul piano della pianificazione agroindustriale, questa dinamica viene associata a quella dell’olivicoltura, sulla quale dagli anni Ottanta in Spagna si è investito molto, puntando su grandi consorzi e pochi ma grandi centri produttivi, caratterizzati da una meccanizzazione in continua crescita e su un modello organizzativo moderno ed efficiente. Questa politica, che in pochi anni ha portato la Spagna in cima alla classifica della produzione mondiale, risollevando l’economia di area prima depresse, è stata strategicamente replicata nella coltivazione del pistacchio. Sulla spinta dei capitali di grandi fondi di investimento, sono state installate piantagioni che oggi nel complesso hanno raggiunto e superato i 60.000 ettari: tra il 2013 e il 2021 le superfici sono più che decuplicate. Il business del pistacchio spagnolo, quindi, è sempre più appannaggio di grandi colossi con latifondi di 600-700 ettari, partendo spesso da terreni incolti e di scarso valore. Di contro, però, è in calo la produzione di mandorle e altri semi, a testimonianza di come in Spagna il pistacchio stia surclassando queste e altre colture.

    Altri grandi produttori nel mondo

    L’origine del pistacchio viene collocata tra la Persia e l’Anatolia, aree geografiche tuttora importanti per questa coltivazione. Secondo produttore mondiale di pistacchi (25%) ma primo per decenni, l’Iran sta scontando un declino dovuto alla situazione politica interna e internazionale, che colpisce la capacità di esportazione e l’intero settore. Negli ultimi anni, inoltre, i raccolti sono diminuiti, contribuendo a far lievitare i prezzi su scala globale.

    La Turchia, con le sue coltivazioni nel Sud-Est del territorio nazionale, resta un esportatore di punta, specialmente per le fasce a basso prezzo e sul prodotto tostato. Gli Stati Uniti sono il primo produttore al mondo (45%), con la California – dove questa coltivazione è stata importata sul finire dell’Ottocento ma si è diffusa ampiamente negli anni Ottanta – che spicca per volumi e industrializzazione della filiera. In Europa la Grecia è un’altra nazione esportatrice rilevante, ma anche alcuni Stati dell’America centrale e meridionale (Cile, Argentina, Messico) si stanno inserendo nel settore, dove competono anche Cina, Siria e Tunisia.

    Prezzi in crescita e rischi di contraffazione

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    In attesa del prossimo raccolto, le quotazioni del pistacchio restano alte, seppur molto diversificate nella gamma dei livelli qualitativi disponibili. Se per il pubblico 1 kg di pistacchio di Bronte Dop sgusciato può superare i 60 €, la cifra scende a circa 45-55 € per un pistacchio siciliano generico, e attorno ai 35 € per il prodotto di prima scelta greco e californiano. Per il classico pistacchio tostato e salato in guscio da snack, fascia di mercato di primo prezzo dove prevalgono le produzioni turche, nella grande distribuzione si può scendere fino a 7-8 € al chilo. In base ai rilevamenti di Ismea (Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare) nei mercati internazionali la media è prossima ai 14 € al kg (in crescita) per i pistacchi con guscio.

    Nel complesso il mercato legato a questi semi è dinamico, sia sul piano strettamente agricolo, dove grazie a nuove varietà a rapido accrescimento e a impianti sempre più efficienti le rese aumentano, sia nei rapporti tra le imprese, dove si susseguono le acquisizioni, tendenzialmente a favore dei grandi gruppi. Per i piccoli produttori artigianali e semi-artigianali, puntare sulla qualità è quindi necessario per essere competitivi, anche diversificando l’offerta.

    L’espansione di questo settore, e in particolare il successo delle produzioni di livello più alto come il Pistacchio di Bronte Dop, ha favorito anche le contraffazioni e le imitazioni. Si tratta di fenomeni di sfruttamento improprio dei nomi associati a marchi noti nel mondo, partendo però da materia prima estera e di pregio inferiore, come abbiamo visto occupandoci di Italian sounding. Questo mercato collaterale varrebbe almeno 120 milioni di euro, e tra il 2020 e 2021 la quota di pistacchi importati in Sicilia sarebbe aumentata del 27%.

    Anche se non è facile prevedere se la domanda di pistacchio continuerà a crescere a questi ritmi, o se comunque potrà stabilizzarsi su volumi superiori a quelli attuali, colpisce la rapidità che ha caratterizzato l’adattamento alle richieste del mercato. In questo senso, il caso del pistacchio è emblematico per comprendere meglio le dinamiche dell’agricoltura contemporanea e le logiche che la guidano.


    Immagine in evidenza di: Krasula/shutterstock.com

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