La lotta agli sprechi passa anche dagli scarti della mela: Naste Beauty, il brand cosmetico 100% naturale

     

    Vedere una possibilità dove altri vedono invece solo qualcosa di cui liberarsi, la bellezza in ciò che solitamente viene considerato “brutto”. È ciò che fanno Simone Piccolo e Lorenzo Picco con la loro start up innovativa VORTEX – ora anche Società Benefit – che ha portato alla creazione di un brand cosmetico totalmente naturale. Si chiama Naste Beauty, e la sua particolarità è che creme viso, sieri, detergenti e maschere sono a base di una materia prima unica nel suo genere: una pasta di mele ricavata dagli scarti della filiera dei succhi di frutta biologici. Il risultato sono quindi prodotti che fanno della sostenibilità il loro punto di forza.

    “Il nostro sogno è ridare valore a ciò che viene scartato” spiega Simone, CEO e Founder. “Un terzo dello spreco alimentare avviene proprio in fase di produzione del cibo, ed è lì che vogliamo andare a fare la nostra parte”.

    Vi portiamo con noi a conoscere questa realtà, per scoprire cosa c’è dietro la creazione di un prodotto cosmetico a economia circolare!

    © Naste Beauty

    Tutto il buono delle mele: ecco come nasce Naste Beauty

    Il 60% della produzione agricola di frutta e verdura ogni anno viene deprezzata soltanto perché non conforme a quelli che sono gli standard estetici. Come vi abbiamo raccontato per Bella Dentro, il gusto non c’entra nulla: si tratta di alimenti che, spesso, risultano di dimensioni anomale, oppure perché presentano piccoli difetti, come ammaccature, che non incontrerebbero il gradimento dei consumatori finali. “Questa frutta ‘brutta’ – che perde valore dal punto di vista economico – è destinata a lavorazioni secondarie, come ad esempio quella di succhi”, inizia a raccontarci Simone. “Circa il 40% di questa, poi, diventa un sottoprodotto di scarto di queste lavorazioni, che vanno smaltiti. Ma in realtà ciò che rimane dalla produzione dei succhi – buccia, parte di polpa, semi – è ancora ricca di nutrienti”.

    Ed è proprio qui che Simone e Lorenzo vedono una possibilità. Il primo, grazie a un tirocinio in Reynaldi (azienda cosmetica che da oltre 40 anni produce cosmetici naturali), matura un percorso orientato alla cosmesi e alla sostenibilità. Il secondo, invece, ha un trascorso di imprenditore agricolo nell’azienda di famiglia, Magna Rosa, in Piemonte. Grazie a un bando europeo, Lorenzo studia un modo per riuscire a recuperare i sottoprodotti agroalimentari dell’azienda e generare una materia prima innovativa

    Foto di Alessandro Simone

    Ed è nel 2021 che decidono di unire le loro conoscenze e forze. “Ci siamo incontrati, e insieme abbiamo deciso che poteva esserci ‘appetito’ da parte del mercato per un prodotto di questo genere. L’idea era quella di lavorare proprio su un sottoprodotto specifico della filiera agroalimentare che, tramite un processo di upcycling, potesse trovare una seconda vita. Insieme abbiamo fondato una start up, ad aprile dell’anno scorso abbiamo fatto un totale rebranding ed è nato Naste Beauty. Il nome unisce due parole – natural e taste – perché ci occupiamo di matrici naturali che derivano dal mondo del food”, spiega Simone.

    Ma perché proprio la mela? La risposta è semplice, come racconta il CEO. “L’abbiamo scelta perché è un frutto iconico delle zone da cui proveniamo, in Piemonte. In particolare, siamo partiti da una tipologia di mela di presidio Slow Food, la Renetta Grigia di Torriana che cresce solo in quella valle dove Lorenzo ha l’azienda agricola”. L’obiettivo iniziale è quindi quello di concentrarsi sul territorio e incrementare la salvaguardia della biodiversità, ma non è la sola ragione che ha portato alla scelta di questo frutto. “È ricco di antiossidanti naturali e polifenoli, quindi si presta perfettamente alla creazione di prodotti cosmetici”.

    Prodotti naturali da economia circolare

    Ogni azione intrapresa da questa start up innovativa punta a minimizzare il più possibile il suo impatto ambientale. “Per noi la sostenibilità è una cosa seria, e con questa parola intendiamo una sostenibilità che sia al contempo ambientale, sociale ed economica”. 

    Come si struttura la filiera? Ciò che rimane delle mele utilizzate per la produzione di succhi – sansa di bucce, semi e poca polpa – e che verrebbe gettato via viene preso e trasformato tramite un processo di upcycling. Con questo termine si intende il “riuso creativo”, ossia quel processo di trasformazione di tutti quei quei sottoprodotti o scarti in nuovi prodotti di qualità maggiore.

    Foto di Alessandro Simone

    In una prima fase, quindi, la materia prima viene disidratata e macinata per creare una sorta di farina, che poi verrà reidratata, omogeneizzata e sterilizzata, fino a ottenere la pasta di mele. In questo modo, come scrivono nel Rapporto di Sostenibilità che sarà consultabile sul loro sito web, hanno recuperato oltre 500 kg di scarto di mele, evitando così oltre 140 kg di emissioni di CO2 equivalente.

    Questo semilavorato innovativo – che è al 100% naturale – viene poi consegnato alla Reynaldi, specializzata appunto nella cosmesi naturale, che si occupa delle formulazioni e della produzione vera e propria. “Questo ci permette di avere un’expertise con una grande storia alle spalle e ottenere dei prodotti qualitativamente molto buoni e validi. I fornitori li selezioniamo non solo perché sono eccellenti in quello che fanno, ma proprio perché sono molto attenti a tutte le tematiche di sostenibilità”. Ad esempio, la Reynaldi possiede avanzati sistemi di recupero dell’acqua di produzione e impiego di pannelli ed energie rinnovabili. “Questo ci permette di ridurre di oltre il 74% le emissioni di CO2 e di oltre il 68% l’impiego di acqua dolce”.

    Ma non solo. Perché, come spiega Simone, tutti i prodotti sono certificati biologici (AIAB) e hanno al loro interno percentuali di naturalità che vanno dal 97% in su. La sostenibilità però passa anche dagli imballaggi, il cui impatto ambientale sia per la produzione che per lo smaltimento è notevole. “Il nostro packaging – se esiste sul mercato la possibilità – è fatto tutto da materiali riciclabili. Non usiamo materiali vergini, a parte per un prodotto specifico per cui sul mercato non esisteva un’alternativa, ma in quel caso abbiamo scelto comunque imballaggi monomateriali e facilmente riciclabili”.

    La sostenibilità sociale 

    Per essere davvero sostenibili, però, non basta avere a cuore l’ambiente: è fondamentale prendersi cura anche del tessuto sociale. “Quando ci vengono consegnati i prodotti veri e propri dalla Reynaldi, a quel punto li affidiamo a due cooperative sociali che fungono da magazzino e ci preparano gli ordini, andando anche a firmare a mano una thank you card, in modo che i clienti abbiano una prova di tutto l’impatto positivo che i prodotti di Naste Beauty creano”.

    La prima cooperativa, Dalla Stessa Parte di Ciriè, si occupa di tutta la logistica legata al B2C e all’e-commerce. “Loro aiutano persone con disabilità mentale e inoccupati appartenenti a nuclei familiari in condizioni di disagio economico e sociale. La seconda cooperativa, Cascina Martello di Mondovì, gestisce invece la logistica legata al B2B e agli store offline, e lavora con persone in fase di recupero da tossicodipendenza”. 

    In questo modo, ogni ordine attiva dei meccanismi sociali che generano lavoro per persone di categorie svantaggiate.

    Non solo la mela: lavorare su altri scarti per prendersi cura del futuro

    Foto di Ivan Cazzola

    Lorenzo e Simone stanno investendo molto sulla tecnologia. Infatti, il processo di upcycling è replicabile su tutte le cultivar morbide, dando spazio all’utilizzo di moltissimi sottoprodotti di frutta e verdura. “Il nostro obiettivo è quello di andare a lavorare su molteplici matrici di sottoprodotti. Ad esempio, verso metà estate uscirà una prima linea di prodotti per i capelli a base di sottoprodotto dell’olio di nocciola. Non solo, verso fine anno è previsto il lancio di una linea a base di una spirulina di economia circolare, fatta crescere con le acque reflue di altre lavorazioni alimentari. E stiamo lavorando sul recupero degli scarti della lavorazione del vino, i vinaccioli, e del succo di mirtillo”. 

    Infatti, se da una parte c’è senz’altro la volontà di puntare sul km0 e sull’uso di prodotti del territorio, per il futuro Naste Beauty guarda all’innovazione. “Essendo una start up, puntiamo anche all’export. Ma questo non significa solo esportare il prodotto ma tutta la metodologia produttiva per lavorare anche con altri tipi di sottoprodotti che qui non sono locali, ma saranno locali nei Paesi in cui andremo”. 

    Insomma, che quello che in molti considerano uno “scarto” sia in realtà una risorsa abbiamo iniziato a capirlo bene. E proprio a partire da questo, Naste Beauty punta concretamente a prendersi cura dell’ambiente, delle persone e del proprio benessere in maniera sostenibile, accessibile e trasparente. Per il futuro, ci auguriamo che sempre più aziende comprendano questo concetto, perché è necessario e urgente fare qualcosa per il Pianeta. 


    Immagine in evidenza di: Alessandro Simone

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