Distretti del Biologico: in Emilia-Romagna approvata la prima legge di tutela in Italia

     

    L’Emilia-Romagna è ancora una volta in prima linea a sostegno dello sviluppo green della filiera agroalimentare. Dopo essere stata la prima Regione italiana ad approvare una legge a sostegno dell’agricoltura sociale nel 2022, lo scorso 28 settembre l’Assemblea legislativa regionale ha approvato un testo per la disciplina, la promozione e la valorizzazione dei distretti biologici. È la prima norma locale di questo tipo in Italia e si inserisce nel più ampio quadro di promozione del bio, anche dal punto di vista legislativo come evidenziato anche dalla legge sul biologico approvata anch’essa nel 2022. È un periodo di grande fermento per il bio nel Belpaese e, da Nord a Sud, crescono le aziende che scelgono metodi di coltivazione coerenti con i principi previsti dalla certificazione. Ma qual è l’obiettivo della legge emiliano-romagnola e che ruolo hanno i Distretti del bio? Lo scopriamo insieme!

    Biodistretti: l’unione fa la forza (e la sostenibilità)

    Krailath/shuttertsock.com

    I distretti del biologico o biodistretti sono comunità territoriali che coinvolgono gli agricoltori che, in quell’area, adottano il metodo di coltivazione biologico, allevatori che seguono i principi del benessere animale, trasformatori e rivenditori dei prodotti bio, agriturismi e talvolta associazioni che operano nello stesso settore. In alcuni casi hanno aderito anche amministrazioni pubbliche, Università, scuole e centri di ricerca, favorendo lo sviluppo di efficaci sinergie educative.

    L’obiettivo dei biodistretti è stimolare la diffusione della cultura del metodo biologico, della tutela della biodiversità e della lotta contro il consumo di suolo. Rappresentano una rete di governance territoriale che, unendo forze e attori diversi, sostiene la creazione e sviluppo di una filiera sostenibile, attenta all’ambiente e alle persone.

    In Italia esistono decine di biodistretti, alcuni indipendenti altri aggregati in reti coordinate da associazioni come l’AIAB, l’Associazione Italiana Agricoltura Biologica. Non è un caso che la legge del 2022 citi all’articolo 13 il primo riferimento normativo ai distretti del biologico, un elemento cruciale non soltanto perché dà riconoscimento a questa forma associativa che già esiste, ma ne sottolinea il ruolo strategico.

    Distretti del Biologico: la legge dell’Emilia Romagna per la tutela della biodiversità e del cibo sano 

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    La legge regionale dell’Emilia-Romagna definisce chiaramente gli obiettivi e i criteri per il riconoscimento dei Distretti. Oggi nella Regione ne esistono sette, dall’Appennino all’Adriatico: il distretto del biologico nell’Appennino Bolognese, il biodistretto Valli del Panaro, il distretto biologico della Val Bidente e dell’Alta Val Rabbi, il distretto biologico in provincia di Reggio Emilia, il biodistretto Alte Valli nell’Appennino Parmense, Toscano, Ligure, il distretto biologico della Romagna Estense e il quello del Comune di Cesena. Inoltre, secondo quanto rilevato dalla Regione, in Emilia-Romagna nel 2022 erano attive 7330 imprese bio, il 5,58% in più rispetto all’anno precedente, oltre a un aumento della superficie coltivata con il metodo biologico, che ha raggiunto il 19%. 

    La legge, quindi, definisce e riconosce i biodistretti, ma introduce anche alcune novità. In primo luogo l’istituzione di un Osservatorio regionale dei distretti del biologico che avrà la funzione di monitorare l’attuazione dei progetti previsti e sostenuti anche dalla Regione. Una seconda novità è la creazione di un Piano del Distretto, ovvero uno strumento di programmazione triennale realizzato dal Comitato promotore che traccia gli obiettivi, le strategie e le azioni con un orizzonte temporale ben definito.

    Inoltre, elemento cruciale della legge recentemente approvata, è istituito un Fondo regionale per la promozione dei distretti che prevede, al momento, una dotazione di 50mila euro nel 2023, e 100mila euro all’anno nel 2024 e nel 2025. Una cifra di partenza che verrà integrata, assicurano i promotori, e che servirà a sostenere, tramite bando, numerose attività: analisi, ricerche, progetti divulgativi, formazione, la partecipazione a mostre, fiere e mercati, la realizzazione di cataloghi, prodotti multimediali e promozionali.

    Silvia Zamboni, vicepresidente della Regione Emilia-Romagna e promotrice dell’iniziativa ha così commentato l’approvazione: “Questa legge rappresenta un importante strumento per la valorizzazione e la diffusione del metodo biologico. L’obiettivo è creare a livello regionale sinergie tra agricoltori, allevatori, trasformatori, Comuni, scuole, cittadini, enti di ricerca e associazioni per diffondere la cultura del biologico e favorire un modello agro-economico ambientalmente sostenibile e compatibile con la tutela della biodiversità e la produzione di cibo sano, senza l’impiego di pesticidi, diserbanti e fertilizzanti di sintesi chimica“.

    Qual è il contributo dei distretti del biologico per le politiche agricole della UE?

    Kitreel/shutterstock.com

    I distretti del bio svolgono un ruolo fondamentale per portare l’Italia a raggiungere l’obiettivo del 25% di terreni dedicati all’agricoltura biologica entro il 2030, come da Green Deal europeo. Un obiettivo possibile, come evidenziato da Maria Grazia Mammuccini presidente di FederBio, e che permetterebbe anche una considerevole riduzione delle emissioni di CO2 della filiera. 

    In Italia oggi la percentuale di suolo dedicata al bio è già del 17,4% a fronte del 9% della media europea, ma manca ancora molto per raggiungere l’obiettivo fissato dall’UE. Ed è proprio l’Unione Europea ad evidenziare – nella Pac così come nella strategia Farm to Fork – come il bio sia la strada da perseguire per raggiungere una maggiore sostenibilità. La percentuale di terreno è uno degli indicatori, ma allo stesso tempo iniziative come quelle dei distretti favoriscono una crescita della cultura e della sensibilità ad un acquisto consapevole, che tenga conto dell’impatto delle filiere. 

    I distretti, quindi, hanno un ruolo di collettore. Permettono, infatti, di creare sinergie tra attori diversi e contribuiscono alla costruzione e promozione di un modello agro economico sostenibile che abbracci tutti i momenti cardine della filiera. Tutela della biodiversità, produzione di cibo sano, lotta al riscaldamento globale e al cambiamento climatico, innovazione e zootecnica sono tutti elementi che, insieme, possono fare la differenza.

    L’auspicio è che l’Emilia-Romagna sia un modello anche per altri territori che, nel quadro della normativa europea e nazionale, sposino lo stesso sostegno ai distretti del bio e ne riconoscano il valore collettivo.


    Credits immagine in evidenza: Jacob Lund/shutterstock.com 

     

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