Meno esibizionismo, più Verve

Via Giulia è una delle strade più belle di Roma. Trastevere e Campo dei fiori sono lontani pochi passi ed è solennemente vietato il transito alla frenesia: qui regnano la calma, la luce calda dei lampioni, colpi d’occhio che non ti aspetti. Proprio in questo punto, è venuto a crearsi in maniera del tutto spontanea un piccolo distretto della buona cucina e infatti nel raggio di un centinaio di metri ritroviamo dei giganti della ristorazione capitolina, il Per Me di Giulio Terrinoni, Pipero, Il Pagliaccio, Roscioli e ancora e ancora e ancora. A queste mete se ne aggiunge un’altra che, in realtà, non è una novità, perchè nasce nel 2019, un momento storico per la ristorazione piuttosto diverso rispetto a quello attuale: brigate più corpose, desiderio di stupire, tempi dilatati a tavola. Inizia in questa fase il percorso all’unisono di Adriano Magnoli e Antonella Mascolo al Verve, il ristorante situato all’interno dell’hotel DOM, pur non essendone l’insegna di riferimento dello stesso. Insomma, non è previsto un servizio all-day dining, né il pranzo; molto semplicemente Verve è un ristorante che apre solo a cena e che occupa gli spazi di un albergo.

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Una sfida non da poco perché a differenza di città come Milano, la ristorazione all’interno degli alberghi capitolini non è ancora così attrattiva, specie tra i romani, che nella loro quotidianità e soprattutto nel tempo libero preferiscono l’intimità di un locale, e nella bella stagione, spazi aperti.

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Ma facciamo un passo indietro. Adriano e Antonella si conoscono prima ancora di diventare una coppia, da All’oro, una stella Michelin, sempre a Roma: lui, sous-chef al fianco di Riccardo Di Giacinto, lei responsabile di pasticceria. Lavorano insieme, si muovono nello stesso spazio e imparano a osservarsi reciprocamente fino a divenire una cosa sola, e a desiderare uno spazio tutto loro in cui creare: è la genesi di Verve, che nasce con l’esigenza di dare visibilità alle proprie capacità, anche se questo poteva significare in qualche modo strafare. Fino al Covid, quando chi più chi meno si è sentito costretto a passarsi una mano sulla coscienza per comprendere cosa stesse funzionando e cosa no, in che maniera evolvere e come farlo con un numero di risorse a disposizione molto più limitato. Detto fatto: la brigata si restringe, viene ridotto il numero dei passaggi nelle preparazioni e ciò che inizialmente poteva suonare come un limite, nel concreto diventa la chiave di volta della nuova cucina di Adriano e Antonella.

Con il tempo, infatti, entrambi si rendono conto che a tavola, a far davvero breccia nel palato dei commensali, non è tanto quell’esibizionismo tecnico fine a sé stesso, né piatti affollati da ingredienti o titoli arzigogolati da attribuire alle proprie creazioni, bensì il gusto. È indispensabile, perciò, ancorarsi a esso e farlo con la consapevolezza che il piatto abbia la forza di evocare un ricordo, un’immagine immediata che appartiene alla nostra memoria e che, in ultimo, generi convivialità.

Oggi Verve è guizzo, concentrazione di sapori che non aggrediscono il palato, ma lo rallegrano, lo ravvivano attraverso combinazioni di ingredienti ben ragionate che, benché si attengano a quell’essenzialità così ricercata, non portano alla creazione di piatti visti e rivisti. C’è l’esuberanza di questa coppia, tenuta sotto controllo dalla precisione insita nel pasticciere e da una preparazione tecnica durata anni; la strada scelta, dopotutto, non è mai quella della banalità, né di una cucina che pur di piacere, si astiene da scelte un po’ azzardate: dal menu inverno, per esempio, ricordiamo l’uso del panettone come salsa di accompagnamento a generosi ravioli di pancia di maiale; in un unico boccone, la dolcezza intensa che proveremmo assaggiando la salsa in assoluto, si dissolve, lasciandosi assorbire dalla carne, saporita che, unendosi alle spezie, ci porta dritti in una taverna cinese a spolpare bocconi di maiale in agrodolce.

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E ancora, in primavera, servire un agnello cotto alla brace con scamorza affumicata, il che già basterebbe di per sé, con l’esigenza di sublimare l’animale intero, comprese le sue interiora, prevedendo un “rinforzo” di coratella; e poi, le spinte piccanti della ‘nduja che spezza la dolcezza di una Tarte Tatin di mele e porri, dolce, fondente, è il contorno di una quaglia grigliata, le cui carni succulente ritrovano nella crostata rustica, morbida, il medesimo effetto di un chutney che arricchisce l’assaggio, spezzando la monotonia della quaglia.

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Ed è proprio in questo intento così lucido di evitare melodie monocorde, ma allo stesso tempo di ottimizzare l’uso di ogni singolo ingrediente, cercando di combinarlo in maniera del tutto inattesa che incontriamo la forza di questa coppia e della loro idea di cucina: un’energia che si traduce in forza gustativa, un’intesa che diventa goduriosa armonia; piatti che denotano un caldo entusiasmo e tutto l’amore per questo mestiere, adattandosi ai tempi.  Per divertire, saziare, nutrire. Con Verve.

 

E ora la fotogallery con tutti i nostri assaggi di una cena al Verve, Roma, novità della Guida ai ristoranti d’autore di Identità Golose. Buona degustazione!

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